domenica 6 marzo 2016

IO STO CON CHIARA

Una domenica di fine primavera, mattina calda come una giornata d'estate, stazione ferroviaria di Cassino... “partirono in due ed erano abbastanza, un pianoforte una chitarra e molta fantasia...” non portavamo con noi né pianoforte, né chitarra, ma avevamo una sciarpa, simbolo della nostra storia, un assegno e una infinità di sorrisi da dare. Arriviamo a Roma e ci incamminiamo per trovare il mezzo e poi l'altro ancora per arrivare alla Fondazione Santa Lucia. Arriviamo alla clinica, bella, nel verde, il sole batteva forte, non c'era nessuno o erano tutti rintanati all'ombra. Gli ospiti più fortunati i fine settimana tornavano a casa per farvi rientro a domenica inoltrata. Saliamo al piano interessato, il papà di Chiara, Maurizio, ci viene incontro, ci abbraccia con l'affetto di un vecchio amico che non si vedevano da anni, ma era la prima volta che ci incontravamo. Ci dice di essere forti, quelli come noi lo sono per natura, entriamo e Maurizio abbraccia e scherza con la figlia, gli dice che siamo amici loro, che portavamo qualcosa per lei, che eravamo giunti da Cassino per stare insieme. Gli doniamo la sciarpa dei fedayn, Maurizio la prende e la fa toccare a Chiara, poi la allunga sul letto, Chiara nella sua immobilità volge lo sguardo a noi, ci sorride, è felice, la sciarpa ha gli stessi colori della sua Lazio, cerca di stringerla, la tiene a se, è felice. Poi gli diamo gli adesivi fatti stampare appositamente per la raccolta fondi, li guarda, c'è il suo nome, c'è la foto di una bandiera del Cassino, non vuole più lasciarli: gli appartengono. Gli diciamo che portiamo il “sorriso” dei tanti che hanno contribuito alle donazioni, ci guarda, gli occhi ci sorridono, un volto e un corpo infranto, immobile in quel letto di ospedale mentre la vita corre dietro i vetri, oltre. Il papà che non ha mai abbandonato il suo capezzale da quando Chiara ha subito questa situazione, ha dignità, forza e sorrisi da vendere. Rare volte ci è capitato di incontrare uomini di questo spessore e più che la volontà di Chiara di riappropriarsi di qualcosa che gli è stato rubato, infranto, c'è la volontà di un papà straordinaria. Noi restiamo per attimi in silenzio, colpiti da questa loro complicità, da questa energia positiva che trasmettono. Il papà ci racconta, ci parla, la parete è tappezzata di foto familiari, di amici, della Lazio. Si respira aria di semplicità, di grande dignità. Maurizio ci racconta, offrendoci il pranzo al bar dell'Istituto, che a Chiara farebbe bene tornare a casa per i week end, rivedere il suo spazio, i suoi affetti, ma non può. Vive ad Acilia, circoscrizione di Roma, quarto piano, problemi immensi legati alle barriere architettoniche. Maurizio ci parla con il sorriso sempre sulle labbra, della domanda fatta al comune per una nuova residenza, delle mille e più situazioni legate alle problematiche giornaliere una volta che Chiara dovrà andar via dal Santa Lucia. I soldi delle donazioni li ha tutti sulla posta pay, girerà anche il nostro assegno lassù. Denaro che occorrerà immancabilmente per sostenere la lunga e difficile fase riabilitativa. Di assistenza continuativa per tutto l'arco della giornata. Delle ristrutturazioni da fare a casa per adeguare il tutto alle nuove esigenze. Maurizio ci racconta tanto, ha gli occhi sognanti là dove anche un gigante si sarebbe arreso. Lotta da solo, non si ferma nemmeno quando i tanti gli hanno promesso aiuti e contributi poi rivelatosi solo dei bluff o degli sponsor per chi li proponeva. Non si è mai piegato all'inganno e al business. Sorride al pensiero della gente semplice come lui, come noi, che lo ferma per strada a stringergli la mano, a dirgli coraggio; dei tassisti che lo riconoscono e non gli fanno pagare la corsa. Un dolore che avrebbe scoraggiato chiunque, lui è lì, infonde sicurezza e forza. Noi lo ascoltiamo, abbiamo solo da imparare. Poi non finisce di ringraziarci per quello che abbiamo fatto, si commuove al pensiero che una città abbia risposto al richiamo dei suoi ultras, che in tanti hanno dato il loro contributo. Pensa alla mamma di Joe che nel suo dolore ha avuto un pensiero per il dolore di altri. Parlerebbe per ore e noi lo ascolteremmo per ore ma è tempo di ritornare da Chiara. Torniamo in stanza, gli parliamo, gli diamo la mano, ci tiene la mano, la stringe, trasmette affetto. È una forte emozione. Consegniamo l'assegno a Maurizio, immortaliamo l'attimo, testimonianza che la città di Cassino è stata vicino a questo uomo. A questo padre esemplare. Non finisce di ringraziarci, di sorriderci e di abbracciarci. Lanciamo un ultimo saluto a Chiara e andiamo via. Maurizio ci accompagna con l'auto a Ostiense da lì prendiamo la metrò per Termini. Il sole batte con più insistenza, la stanchezza cresce, si intraprende la strada del ritorno. Le immagini straordinarie che abbiamo impresse, di questo papà, della sua grande forza e dell'amore verso la propria figlia sarà qualcosa che ci accompagnerà ancora per tanto e tanto tempo.
Paolo e Fausto dei Fedayn Cassino 1977





venerdì 19 febbraio 2016

Un viaggio chiamato Ghilarza

Sveglia all'alba, se possiamo chiamarla sveglia visto che praticamente, quella porzione di notte l’abbiamo passata quasi tutta in bianco. L’attesa è di sé stessa parte del viaggio e questo viaggio per noi ha avuto inizio nel momento in cui i nostri calciatori hanno alzato al cielo quel mercoledì del 6 gennaio, la Coppa Italia Regionale. Attesa lunga e frenetica, di serate in pizzeria, di post e messaggi scanzonati e irriverenti. Attesa fatta di una organizzazione meticolosa e perfetta; la sera stessa del sorteggio che ha decretato la partita di andata in Sardegna, la gran parte del Gruppo Storico aveva già la prenotazione dell’aereo in tasca.
Nella diversità delle sue tante anime ultras, Fedayn Cassino ha raggiunto Ghilarza con ogni mezzo. Dall'auto al treno per gli spostamenti da Cassino a Ciampino e da Cagliari a Ghilarza, con volo aereo nel mezzo dei due spostamenti. I più arditi, sobbarcatosi due giorni di viaggio, tra andata e ritorno, sono andati con la nave. Imbarco a Civitavecchia con scalo ad Olbia. Ma tempo, costi e fatica non hanno frenato la passione. Questa è la nostra serie A, questi sono i nostri colori e per noi, da sempre, valgono più della categoria, si amano a prescindere.
Come accennato la giornata inizia presto. Ritrovo e partenza in auto alle 5 nei pressi della stazione. Facce assonnate ma piene di vita, ricche di entusiasmo, come ragazzi alla loro prima giornata di gita scolastica. Ma non abbiamo più l’età per sedere  su un banco di scuola, i più sono papà con figli al seguito, più di qualcuno ha superato i 50 anni, ma appartenenza e amicizia abbattono le barriere del tempo. Siamo ancora qui. In questo spazio di vita si cresce bene.
Si parte, destinazione aeroporto di Ciampino. Si arriva con largo anticipo, ma era tutto programmato. Foto di rito prima della partenza. Per tanti di noi è la prima volta in volo, per il Gruppo, nel numero considerevole di presenze è la prima in assoluto, alla soglia dei quarant'anni di storia. Nessuno accusa la notte passata in “bianco”, nell'aria si innalzano i primi cori. Non si accusa stanchezza. Intanto la luce del giorno timidamente avanza e con lei cresce anche la nostra euforia. Ogni tassello di giornata si dimostrerà un pezzetto di laterale sud. Birra e cori ci accompagneranno per tutto il tempo della giornata senza soluzione di continuità.
Si sale sulla navetta che ci accompagna all'aereo… poi il volo. Il viaggio ha inizio, almeno quello che ti tiene in apprensione. Mentre la terra si allontana ci immergiamo tra le nuvole. Il cielo ha i nostri colori. Qualche bottiglia di sambuca vola anch'essa di sedile in sedile e ad ogni passaggio si consuma un po’, momentaneamente sostituisce la birra che comunque non mancherà mai. Quando scompaiono le nuvole vediamo un'altra distesa azzurra: è il mare. Si intravede terra, iniziamo a scendere. La Sardegna.
Aeroporto di Cagliari. Ancora cori. Le diverse anime ultras si incamminano per strade diverse, ma verso una unica meta. Una parte di noi continuerà il viaggio in auto, l’altra in treno. La pioggia sottile viene giù a tratti, alternandosi a schiarite che diventeranno definitive nel pomeriggio. Prendiamo le auto prenotate e ci incamminiamo verso Ghilarza, altri 150 chilometri di strada, on the road. Il paesaggio è quello visto tante volte in TV nei vari documentari, il verde avvolge il nostro passaggio verso l’entroterra. Giungiamo a Ghilarza, piove, tappa della nostra fermata casa di Gramsci, adibita a Museo. Per tanti di noi è un tuffo nella memoria, tappa obbligata. Resterà nell'arco della giornata l’unico spazio dove non ci saranno cori e birra, ma non mancherà comunque la goliardia da parte di qualcuno.
Resta l’emozione della visita al Museo, il ricordo è toccante ma non c’è tempo per i sentimentalismi. Si pensa alla tavolata che ci attende. L’uscita dal museo è accompagnata dalla pioggia, ma non la sentiamo, cerchiamo il ristorante dove avevamo la prenotazione. In macchina e via. Arriviamo alla nostra meta, il locale è accogliente. Prendiamo posto a tavola. Per la compostezza sembriamo più una famiglia che un vecchio gruppo ultras. Ma dura poco. Si innalzano i bicchieri e si incomincia a bere. Come se avessimo mai smesso. Si continua a scherzare, ci si alza per le foto, per recarsi fuori a fumare. Consumiamo i pasti in allegria. Si trova sempre lo spazio per le battute e le note goliardiche. Ci si sente tutti parte dello stesso spettacolo. Siamo noi. Un gruppo di amici che porta avanti questa storia cassinate da quasi otto lustri.
Ci congediamo dal ristorante con una foto di gruppo. In alto le sciarpe e i nostri cori che strappano sorrisi agli altri ospiti del locale. Sale la tensione. Dobbiamo raggiungere la meta del nostro viaggio qui in terra di Sardegna. Ma per noi è stata una emozione ogni istante della giornata vissuto fino a quel momento. Emozioni che giuriamo dureranno ancora a lungo nella nostra memoria. Di nuovo in auto, il paese non è grande ma non sappiamo da che parte andare, prendiamo una strada e ci incamminiamo. Dopo varie peripezie troviamo lo stadio. Siamo l’ultimo tassello degli arditi cassinati a giungere al campo. Quando arriviamo qualcuno è ancora fuori, gli altri son dentro. Si sente a pelle un clima di grande festa. Una accoglienza straordinaria da parte dei locali, la gente del posto è entusiasta: brividi.
Il gruppo entra. Posizioniamo le nostre pezze sulla ringhiera della tribuna. Sembra riprodotta in piccolo la nostra Laterale Sud. Gli altri gruppi posizionano i loro striscioni sulla rete che ci divide dal campo. Prendiamo posizione sugli spalti. Numero considerevole, pensando alla distanza e alla giornata infrasettimanale lavorativa. Ma restano dettagli, la fede non conosce pause. Non ha ostacoli. Tutti rigorosamente posizionati come se giocassimo tra le mura amiche. Ognuno ha il suo posto. I lanciacori sulla ringhiera, gli altri dietro. Altri ancora dietro la propria pezza. Ma oggi si canta all'unisono. E si sente. La piccola tribuna coperta amplifica le nostre voci. I nostri cori si innalzano alti. A tratti siamo noi lo spettacolo. Sarà l’adrenalina accumulata nei giorni dell’attesa. Sarà la birra che non smette mai di esserci. Ma noi siamo possenti. Quando intoniamo i nostri cori si annullano anche le distanze esistenziali tra le diverse anime ultras. Oggi è una giornata particolare. Il Cassino da spettacolo in campo e noi sugli spalti diventiamo spettacolo nello spettacolo. Vinciamo tre a zero. Negli ultimi dieci minuti di gara si aggiungono a noi i ragazzi di Ghilarza, chiudiamo alla grande questa giornata straordinariamente viva. Intonano i nostri cori. Un riconoscimento che va oltre le nostre aspettative. Ci scambiamo gli abbracci. Le sciarpe. Tanti di noi ritorneranno a casa con al collo i colori giallorossi, simbolo della città di Ghilarza. Le nostre sciarpe biancoazzurre orgogliosamente vive sui ghilarzesi. Finisce la partita, i giocatori sotto il settore ad applaudirci. È un tripudio di emozioni.
La festa continua al bar dello stadio dove non si finisce mai di bere. il sindaco ci invita ad un rinfresco offerto nel salone antistante la tribuna e gli spogliatoi. Una parte di cassinati intraprende la via dell’aeroporto, il pullman li accompagnerà a prendere il treno che li riporterà a Cagliari. Gli altri resteranno a far festa. Nel giorno che non ha mai smesso, di esserla.
Pensavamo ad un rinfresco. È stato qualcosa di sproporzionatamente grande e sublime. La gente del posto ci ha accolto in una maniera incredibile. Sembrava aver vissuto quel momento altre mille volte, tanta era la disponibilità e l’ospitalità. Invece ci trovavamo lì, in quella parte di mondo, lontano dalla nostra Cassino, per la prima volta. Persone che difficilmente rincontreremo lungo il nostro cammino ultras, che sono state in grado di lasciare dentro di noi, in ognuno di noi una traccia indelebile. Passa in secondo piano anche la straordinaria vittoria della nostra squadra. Qualcosa che resterà a lungo scritta nelle pagine della nostra memoria. Fedayn Cassino non finirà mai di stupirsi. E di stupire.
Ci congediamo da quel calore. Ci attendono altri chilometri di strada. Il volo. Un ultimo saluto verso tutti, un abbraccio con lo sguardo e via. Ripercorriamo la strada al contrario. La giornata tende alla fine. Malgrado tutto non accusiamo fatica. Abbiamo ancora voglia di scherzare, di cantare. Di prenderci in giro. Siamo fatti così. Pensiamo ancora che dopo questa avventura ce ne saranno tante altre. Pensiamo alla partita di ritorno. Fantastichiamo improbabili scenari futuri. Semifinali. Finali. Sogniamo un’altra Viareggio trent'anni dopo. Mentre l’auto divora l’asfalto.  Giungiamo all'aeroporto di Cagliari.
Consegniamo le auto e poi dritti al terminal. Ci ricompattiamo con gli altri giunti in treno e con la squadra che prenderà il nostro stesso volo. Qualche timido coro. La stanchezza inizia a farsi sentire, ma l’euforia no. Non si arrende. L’aereo è pronto a riportarci indietro, a Ciampino.Ci ritroviamo al punto di partenza, o quasi. Scendiamo dall'aereo e ci incamminiamo. Sciarpa al collo e negli zaini i propri vessilli. Le diverse anime ultras, ognuna nella propria direzione riprende il cammino verso casa. 
Ci si saluta e ci si da un arrivederci alla prossima avventura. 
Al prossimo viaggio.

Il prossimo appuntamento è già domenica.