Io non voglio queste cose, sono nato nella prateria, dove il vento soffia libero e non vi è nulla che spezzi i raggi del sole, sono nato dove non vi sono recinti e dove ogni cosa respira liberamente.
Voglio morire lì e non fra i muri.
(Dieci Orsi – Capo Comanche)
Sono nato ultras. Ho vissuto da ultras gran parte della mia vita. Ho scelto di essere tale per non assoggettarmi a regole, per non porre paletti alla fantasia. Ho tenuto forte tra le mani il megafono e ho dato voce ai miei compagni. Ho alzato poderosi bandieroni che non finivano mai con i colori della mia passione fino a confonderli nel cielo. Ho dato il tempo al frenetico rullare dei tamburi. Ho preso posto negli spazi di curva senza obbligo di numero. Ho cantato sotto la pioggia incessante e l’ho fatto sotto il sole cocente. Ho macinato chilometri di strade ed autostrade in piena libertà, nelle domeniche di panini nelle tolfe e caffè agli autogrill. Ho ideato e costruito coreografie, dipinto striscioni e colorato muri. Ho gioito e pianto per i miei colori. Ho tenuto tra la mano chiusa nel pugno torce e fumoni e ho visto il volto dei miei compagni nascondersi in quell’oblio.
Ho vissuto tutto questo.
Adesso vogliono ghettizzarci. Hanno ridotto la nostra passione a puro prodotto commerciale. Il business incalzante ha circoscritto i nostri sogni. Un Ministro del Nord di questa nostra Repubblica delle banane ha deciso di cancellarci per “decreto”, dietro il silenzio assordante dei media e di tutta la classe politica italiana.
Partite al sabato, al lunedì, turni infrasettimanali, orari diversi. Bisogna accontentare le lobby della televisione. Il dio denaro sopra ogni cosa. Biglietti nominativi e posti strettamente personali. Partite vietate agli ospiti. Partite a porte chiuse. Tornelli agli ingressi come se fossimo bestie che vanno al macello. Striscioni da autorizzare e certificare. Tamburi vietati. Fumoni e torce vietate. Bandiere con disegni vietate. Megafoni vietati. Diffide e denunce a grappoli. Stadi vietati a vita. Obbligo di firma in Questura.
Questo calcio non appartiene alla mia storia ultras e alla dignità di un uomo libero.
Continuerò ad essere un ultras perché diverso non saprei e non potrei essere.
E se questa “tessera del tifoso” diventerà obbligatoria allora la mia storia ultras finisce qua.
Non si può chiudere una vita vissuta nella libertà di un sogno e relegarla nell’angolo ristretto, grigio e vuoto di una tessera sbiadita.
Io non ci sto.
Paolo dei FEDAYN CASSINO 1977
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