Una domenica
di fine primavera, mattina calda come una giornata d'estate, stazione
ferroviaria di Cassino... “partirono in due ed erano abbastanza, un pianoforte
una chitarra e molta fantasia...” non portavamo con noi né pianoforte, né
chitarra, ma avevamo una sciarpa, simbolo della nostra storia, un assegno e una
infinità di sorrisi da dare. Arriviamo a Roma e ci incamminiamo per trovare il
mezzo e poi l'altro ancora per arrivare alla Fondazione Santa Lucia. Arriviamo
alla clinica, bella, nel verde, il sole batteva forte, non c'era nessuno o
erano tutti rintanati all'ombra. Gli ospiti più fortunati i fine settimana
tornavano a casa per farvi rientro a domenica inoltrata. Saliamo al piano
interessato, il papà di Chiara, Maurizio, ci viene incontro, ci abbraccia con
l'affetto di un vecchio amico che non si vedevano da anni, ma era la prima
volta che ci incontravamo. Ci dice di essere forti, quelli come noi lo sono per
natura, entriamo e Maurizio abbraccia e scherza con la figlia, gli dice che
siamo amici loro, che portavamo qualcosa per lei, che eravamo giunti da Cassino
per stare insieme. Gli doniamo la sciarpa dei fedayn, Maurizio la prende e la
fa toccare a Chiara, poi la allunga sul letto, Chiara nella sua immobilità
volge lo sguardo a noi, ci sorride, è felice, la sciarpa ha gli stessi colori
della sua Lazio, cerca di stringerla, la tiene a se, è felice. Poi gli diamo
gli adesivi fatti stampare appositamente per la raccolta fondi, li guarda, c'è
il suo nome, c'è la foto di una bandiera del Cassino, non vuole più lasciarli:
gli appartengono. Gli diciamo che portiamo il “sorriso” dei tanti che hanno
contribuito alle donazioni, ci guarda, gli occhi ci sorridono, un volto e un
corpo infranto, immobile in quel letto di ospedale mentre la vita corre dietro
i vetri, oltre. Il papà che non ha mai abbandonato il suo capezzale da quando
Chiara ha subito questa situazione, ha dignità, forza e sorrisi da vendere.
Rare volte ci è capitato di incontrare uomini di questo spessore e più che la
volontà di Chiara di riappropriarsi di qualcosa che gli è stato rubato,
infranto, c'è la volontà di un papà straordinaria. Noi restiamo per attimi in
silenzio, colpiti da questa loro complicità, da questa energia positiva che
trasmettono. Il papà ci racconta, ci parla, la parete è tappezzata di foto
familiari, di amici, della Lazio. Si respira aria di semplicità, di grande
dignità. Maurizio ci racconta, offrendoci il pranzo al bar dell'Istituto, che a
Chiara farebbe bene tornare a casa per i week end, rivedere il suo spazio, i
suoi affetti, ma non può. Vive ad Acilia, circoscrizione di Roma, quarto piano,
problemi immensi legati alle barriere architettoniche. Maurizio ci parla con il
sorriso sempre sulle labbra, della domanda fatta al comune per una nuova
residenza, delle mille e più situazioni legate alle problematiche giornaliere
una volta che Chiara dovrà andar via dal Santa Lucia. I soldi delle donazioni
li ha tutti sulla posta pay, girerà anche il nostro assegno lassù. Denaro che
occorrerà immancabilmente per sostenere la lunga e difficile fase
riabilitativa. Di assistenza continuativa per tutto l'arco della giornata.
Delle ristrutturazioni da fare a casa per adeguare il tutto alle nuove
esigenze. Maurizio ci racconta tanto, ha gli occhi sognanti là dove anche un
gigante si sarebbe arreso. Lotta da solo, non si ferma nemmeno quando i tanti
gli hanno promesso aiuti e contributi poi rivelatosi solo dei bluff o degli
sponsor per chi li proponeva. Non si è mai piegato all'inganno e al business.
Sorride al pensiero della gente semplice come lui, come noi, che lo ferma per
strada a stringergli la mano, a dirgli coraggio; dei tassisti che lo
riconoscono e non gli fanno pagare la corsa. Un dolore che avrebbe scoraggiato
chiunque, lui è lì, infonde sicurezza e forza. Noi lo ascoltiamo, abbiamo solo
da imparare. Poi non finisce di ringraziarci per quello che abbiamo fatto, si
commuove al pensiero che una città abbia risposto al richiamo dei suoi ultras,
che in tanti hanno dato il loro contributo. Pensa alla mamma di Joe che nel suo
dolore ha avuto un pensiero per il dolore di altri. Parlerebbe per ore e noi lo
ascolteremmo per ore ma è tempo di ritornare da Chiara. Torniamo in stanza, gli
parliamo, gli diamo la mano, ci tiene la mano, la stringe, trasmette affetto. È
una forte emozione. Consegniamo l'assegno a Maurizio, immortaliamo l'attimo,
testimonianza che la città di Cassino è stata vicino a questo uomo. A questo
padre esemplare. Non finisce di ringraziarci, di sorriderci e di abbracciarci.
Lanciamo un ultimo saluto a Chiara e andiamo via. Maurizio ci accompagna con
l'auto a Ostiense da lì prendiamo la metrò per Termini. Il sole batte con più
insistenza, la stanchezza cresce, si intraprende la strada del ritorno. Le
immagini straordinarie che abbiamo impresse, di questo papà, della sua grande forza
e dell'amore verso la propria figlia sarà qualcosa che ci accompagnerà ancora
per tanto e tanto tempo.
Paolo e Fausto dei Fedayn Cassino 1977